L’impero degli oggetti: due collezioni napoleoniche a confronto

Testo di Giulia Gorgone, Responsabile Museo Napoleonico e Maria Elisa Tittoni, Dirigente Musei d’Arte Medievale e Moderna

Siamo particolarmente lieti che una parte dei tesori della Fondation Napoléon (quello dedicato al Primo Impero), possa essere esposto al Museo Napoleonico. Le molteplici affinità tra le collezioni della Fondation e quella del museo romano rendono infatti quest’ultimo una sede particolarmente suggestiva per accogliere e presentare la raccolta francese. Le due istituzioni benché diverse nella loro natura giuridica si sono ritrovate a parlare uno stesso linguaggio e a offrire, attraverso i loro oggetti d’arte, il volto meno militare di Napoleone. Il carattere intimo delle due collezioni Primoli e Lapeyre, deriva dall’essere incentrate soprattutto su oggetti raffinatissimi ed imperiali ma pur sempre di uso quotidiano. Sono ormai evidenti e studiate le motivazioni che condussero Giuseppe Primoli (1851-1927) alla creazione di un museo come luogo depositario della storia della famiglia Bonaparte da cui discendeva. Egli stesso lo definiva “un sanctuaire intime où l’on se plaît à évoquer des êtres aimés”, dove i grandi avvenimenti vengono relegati sullo sfondo per far posto ad una lettura della storia secondo una prospettiva privata, familiare. Accanto ai grandi esempi di ritrattistica ufficiale e agli arredi, emergono numerosi nella loro raffinata fattura, i piccoli ritratti in miniatura dei membri della famiglia, trasmessi con devozione da una generazione all’altra, le bonbonnières e le tabacchiere, i gioielli di uso quotidiano, i nécessaires da viaggio, i mobili da lavoro che custodivano gli strumenti per le occupazioni femminili, quali il ricamo o la pittura ad acquerello.
Ci interroghiamo invece con curiosità sulla figura e le motivazioni di Martial Lapeyre, imprenditore e menuisier di successo e ci sembra di poter ipotizzare come il fascino della figura di Napoleone, che più di altri promosse ed apprezzò il valore delle imprese artigianali e manifatturiere, possa essere stato particolarmente vivo per un uomo il cui successo era dovuto alle sue sole capacità imprenditoriali. Forse proprio la sua formazione lo condusse ad apprezzare soprattutto – insieme alla più scontata originaria passione per il mobile – non tanto memorie o dipinti ufficiali quanto l’oggetto come espressione di una abilità artigianale, evidente frutto del lavoro delle mani dell’uomo. In quest’ottica la grande storia, il grande uomo, fa in modo che anche una tabacchiera, un piatto, una teiera – al di là del loro valore artistico o artigianale – possano fare ingresso nella storia perché toccati, usati, testimoni muti di incontri storici o di momenti intimi.
Le raccolte, quella di Lapeyre e quella di Primoli, formatesi a distanza di appena cinquant’anni l’una dall’altra, tutte e due offerte generosamente con legati dai propri fondatori per essere fruite pubblicamente, sono entrambe caratterizzate dalla presenza preponderante di oggetti, preziosi e raffinati, destinati all’uso privato, intimo, quotidiano. Tale caratteristica le avvicina ad un’altra importante collezione napoleonica, quella del grande biografo di Napoleone e della sua famiglia, Frédéric Masson che formò la sua raccolta privilegiando le “cose”, gli oggetti più che le grandi tele sicuro che “l’objet ne trompe pas” come ha acutamente osservato Jean Tulard.
Questa riflessione ci riconduce alla scelta che guidò Napoleone durante la stesura del suo Testamento a Sant’Elena quando affidò proprio agli oggetti e alle cose che erano entrate in contatto con il suo corpo, il compito di ricordarlo al figlio: “Je légue à mon fils les boîtes, ordres et autres objets tels qu’argenterie, lit de camp, armes, selles, éperons, vases de ma chapelle, livres, linge qui ont servi à mon corps et à mon usage… Je désire que ce faible legs lui soit cher comme lui retraçant le souvenir d’un père dont l’univers l’entretiendra”.
E così in un gioco di rimandi un altro merito dell’edizione romana della mostra potrà essere quello di far vedere riuniti alcuni oggetti che Napoleone aveva con sé a Sant’ Elena e che oggi sono
dispersi in vari luoghi tra cui il Museo Napoleonico di Roma e la Fondation Napoléon; oltre a cinquanta volumi della Biblioteca di Longwood, fanno parte infatti delle collezioni del nostro Museo almeno sei delle tabacchiere che l’Imperatore continuò ad usare in esilio nonché uno dei piatti del servizio in argento di Biennais, la boîte à jetons per il gioco de l’hombre; sono invece oggi conservati nella collezione della Fondation la boucle de col destinata alla sorella Carolina, un coperto del servizio in vermeil, il nécessaire de portemanteau offerto a Las Cases oltre ad alcuni volumi tra quelli portati da Napoleone con sé a Sant’ Elena.
La mostra, nella doppia edizione romana ed elbana, costituisce inoltre il felice esito del consolidato e proficuo rapporto tra il Museo Napoleonico e le maggiori istituzioni napoleoniche francesi quali la Fondation Napoléon, il Musée national des châteaux de Malmaison et Bois-Préau e il Musée de l’Armée nonché della collaborazione con il Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche dell’Elba con cui, proseguendo un lungo percorso di iniziative comuni, abbiamo condiviso il progetto. A tutti va la nostra gratitudine facendo nostro l’auspicio espresso dall’amico Bernard Chevallier di poter continuare a lavorare insieme a questo fondamentale “momento della nostra storia comune“.